Cookie Consent by Free Privacy Policy website FIVI invita il Governo a vigilare sui dazi USA contro il vino italiano
giugno 11, 2020 - Fivi

FIVI invita il Governo a vigilare sui dazi USA contro il vino italiano

I Vignaioli Indipendenti preoccupati che il comparto vinicolo venga colpito da Trump nella disputa per la digital tax europea ai giganti del web “Il Governo deve vigilare affinché il #vino italiano non rientri nei prodotti presi in considerazione per eventuali nuovi dazi Usa”. Lo chiedono i Vignaioli Indipendenti #fivi in una lettera spedita ai ministri Teresa Bellanova e Stefano Patuanelli per richiamare l’attenzione su una nuova minaccia proveniente dall’amministrazione Trump. Il governo americano ha infatti deciso di avviare un’indagine sulla cosiddetta digital tax, cioè sull’assoggettamento a tassazione delle attività di servizi digitali e sui governi che hanno deliberato di applicarla, tra cui la Commissione Europea e l’Italia. Come accaduto in passato nel caso della disputa Boeing/Airbus, gli Stati Uniti potrebbero decidere nuovamente di applicare dazi pesantissimi sui prodotti agroalimentari europei. #fivi chiede che venga posticipata l’entrata in vigore della digital tax e che tale decisione venga presa insieme agli altri Paesi all’interno dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per evitare che prodotti italiani vengano tassati per rappresaglia.

Nel documento che dichiara l’avvio della nuova fase investigativa a partire dal mese di giugno 2020 non si fa ancora riferimento a quali prodotti potrebbero essere soggetti a nuovi dazi, ma il rischio che il #vino italiano venga colpito è molto alto e concreto.

“In un quadro di commercio internazionale più ampio, crediamo che la strategia dei dazi e delle ritorsioni sia quanto di meno auspicabile per la ripresa dell'economia globale – dichiara Matilde Poggi, presidente #fivi - I Vignaioli Indipendenti italiani hanno come principali mercati di sbocco l’enoturismo e la ristorazione italiana ed estera, canali che sono rimasti chiusi per almeno tre mesi. Noi abbiamo continuato a lavorare nelle nostre aziende perché le vigne vanno coltivate, impiegando manodopera a fronte di incassi quasi azzerati. La difficoltà economica e finanziaria è grande e non possiamo permetterci l’imposizione di nuovi dazi che metterebbero a rischio le esportazioni verso gli USA, primo mercato estero per le nostre aziende”.